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Narratore: Nel corso della storia, persone e culture hanno attribuito un grande significato a diverse azioni e oggetti. Un ombrello giallo potrebbe non significare nulla per voi, ma è un simbolo del movimento pro-democrazia di Hong Kong. Prima del 1968, alzare il pugno poteva sembrare innocuo, ma durante le Olimpiadi di quell’anno gli atleti cambiarono il significato di questo gesto: lo usarono come segno di protesta contro la discriminazione razziale durante le cerimonie di consegna delle medaglie.
Allo stesso modo, se non si ha familiarità con la cultura e le credenze della tradizione ebraica, si perde molto del contesto quando si legge la Bibbia. Sono molte le cose che ci sfuggono come lettori moderni, soprattutto le connessioni tra Pasqua, la crocifissione di Gesù, l’Ultima Cena e il tempio ebraico.
Il dottor Brant Pitre, nel suo libro “Gesù e le radici ebraiche dell’Eucaristia”, esamina l’Eucaristia attraverso l’Antico Testamento e varie fonti della tradizione e degli scritti ebraici. Queste includono i Targum, il Talmud babilonese e la Mishna’, oltre a varie raccolte di commenti antichi e tradizioni orali dei rabbini ebrei.
Nella tradizione ebraica della Pasqua viene sacrificato un agnello maschio, integro, nel fiore degli anni. I testi antichi rivelano che gli agnelli venivano sacrificati nel tempio, infilzati in spiedini e poi fatti sfilare fuori dalla città.
I sacrifici di migliaia di agnelli producevano litri di sangue, a volte fino alle caviglie del sacerdote. Il sangue veniva poi lavato con l’acqua al lato del tempio. Il popolo ebraico conosceva l’immagine del tempio che veniva purificato dall’acqua e dal sangue. Sulla croce, Gesù, che si è definito il nuovo tempio, si fa trafiggere il fianco, e acqua e sangue sgorgano. L’immagine degli agnelli infilzati negli spiedi, del tempio che viene purificato dal sangue, è nella mente di ogni ebreo quando vede o legge della crocifissione di Gesù.
Nel libro del Levitico, che riporta in modo dettagliato tutti i riti e le pratiche di culto del popolo ebraico, incontriamo il Pane della Presenza. La traduzione letterale è “Pane del volto”, che veniva conservato nel tabernacolo che gli ebrei portarono nel deserto durante l’esodo.
Il Pane del Volto era conservato su una tavola d’oro, o altare, e velato quando veniva portato fuori dal tabernacolo. Era conservato insieme a grandi contenitori di vino e il pane e il vino venivano consumati dai sacerdoti levitici in ogni giorno di sabato.
Secondo la tradizione rabbinica, il pane cambiava una volta portato nel tabernacolo, come spiega il dottor Pitre: “… alcuni rabbini ritenevano che al Pane della Presenza succedesse qualcosa di speciale quando veniva offerto dai sacerdoti come sacrificio a Dio. Prima che il pane fosse portato nel Luogo Santo per essere offerto in sacrificio, poteva essere deposto su un tavolo di marmo. Ma dopo che il pane era stato consacrato a Dio dai sacerdoti, doveva essere deposto su una tavola d’oro…”.
Inoltre, quando fu costruito il Tempio di Gerusalemme e i pellegrini percorrevano chilometri per celebrare la Pasqua ebraica, durante la Pentecoste o la festa nota come Tabernacoli, il Pane del Volto veniva rimosso dal Tempio in modo che i pellegrini potessero vederlo: “I sacerdoti sollevavano la tavola d’oro e vi esponevano il Pane della Presenza a coloro che salivano per le feste, dicendo: “Ecco l’amore di Dio per voi!”.
Durante il pasto della Pasqua ebraica, c’è un agnello, del pane e quattro coppe di vino da benedire. Nell’Ultima Cena, nel Vangelo di Giovanni, Gesù non benedice la quarta coppa. La quarta coppa diventa quella che egli beve sulla croce, completando quello che è diventato il suo sacrificio pasquale.
Sempre durante l’Ultima Cena, Gesù prese il pane e il vino, li benedisse e li spezzò dicendo: “Prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo, dato per voi”. Il pane durante il pasto pasquale ha assunto un significato più ampio. Gesù dice ai discepoli che questo pane è il suo corpo, dato per loro.
Il pane, il vino e il tempio sono inseriti in un contesto profondo per gli ebrei del tempo di Gesù. La Messa, continuazione e celebrazione dell’Ultima Cena con Gesù, ha una pienezza che potremmo perdere senza conoscerlo.
Nella Pasqua, nel suo sacrificio sulla croce, nella sua ultima cena, Gesù unisce la pienezza dell’Antico Testamento, del Tempio e le pratiche del popolo ebraico in una partecipazione divina al culto di Dio. In Gesù, tutte queste cose trovano il loro compimento. Possiamo quindi capire come sia giusto dire che la Messa è la partecipazione più piena alla vita divina che possiamo avere sulla terra.